giovedì 24 settembre 2009

Vincere o governare? (qualcuno soffre della “sindrome della vittoria”)

Certo è bello, anzi bellissimo vincere. Il centrosinistra c’è riuscito, dal 1994, tre volte di fila (Ciccio Russo, Franca Falco e Mimmo Semplice). Il centrodestra due volte di seguito (Pippo Papaccioli).
Ma quali amministrazioni hanno governato effettivamente, nel senso che hanno determinato una svolta in uno o più settori? Il centrodestra non ha determinato alcunché, non solo perché la maggioranza si è sciolta come neve al sole nel giro di pochissimo (la prima volta non ce l’aveva nemmeno la maggioranza). Il centrosinistra lo ha fatto sicuramente nell’Amministrazione Russo, poi Falco (ma già risentiva di qualche piccola “tara” al “centro”) e sicuramente la prima parte dell’Amministrazione Semplice (già troppo compromessa da un “centro” trasformistico che ha determinato i guasti che ancora ci portiamo dietro).
Perché quelle Amministrazioni hanno determinato qualche cambiamento misurabile, intellegibile agli occhi dei più? Per due ragioni: la prima è che avevano ancora una impostazione fortemente caratterizzata sul piano politico (c’era una scelta di fondo politica in s’è, c’erano partiti che chiedevano conto ai “propri” amministratori , attraverso riunioni tra addetti e assemblee pubbliche, c’era un richiamo evidente non solo al bene collettivo ma ad una etica dell’impegno attivo che è sempre stata la bussola, in particolare, della sinistra); la seconda è che c’è stata continuità amministrativa (ci vuole tempo per definire una strategia e portarla a compimento (le opere pubbliche, strumenti di gestione della cosa pubblica, risanamento finanziario).
Perché è entrato in crisi questo modello? Perché non c’è più la scelta politica di fondo, non c’è selezione della classe dirigente, ci si affida a “chi ha i voti” per vincere a prescindere dalle capacità dalla gavetta che ciascuno deve fare prima di assumere un incarico rilevante all’interno di un partito o peggio ancora delle istituzioni. Si diventa subito “esperti” e chiunque può fare il consigliere, l’assessore, il sindaco. E questo, ovviamente, fa nascere il “trasformismo”.
L’imperativo categorico è “vincere” a tutti i costi. Anche se questo significa non riuscire a governare. Questa è la sindrome di cui soffrono molti politici caivanesi…
Il problema di Caivano è di essere governata, possibilmente bene. E non basta un programma elettorale, serve un progetto ambizioso per la nostra città cui tutti, in primis i cittadini, devono contribuire. Non serve un sindaco “padre-padrone”, ma una squadra di cui il sindaco è l’allenatore che mette insieme, sa scegliere chi deve giocare e cosa bisogna fare per raggiungere gli obiettivi.
Insomma è una comunità intera che deve decidere d’incamminarsi verso un riscatto vero e verso un futuro migliore per se stessi e per i propri giovani.