domenica 1 febbraio 2009

Progettare il futuro facendo scelte mirate nel presente

La crisi economica sta attanagliando la nostra terra in tutti i settori. In Campania 40000 imprese a rischio chiusura, molte sono già fallite. Anche l’agricoltura rischia e non sfuggono al disastro neppure i centri commerciali che, dopo l’ubriacatura generale della loro confusa crescita, incominciano a chiudere o a segnare il passo. Le famiglie arrancano sotto la difficoltà di non avere soldi a sufficienza per arrivare tranquillamente alla fine del mese. Le fasce deboli, già in difficoltà prima, vivono un progressivo processo di impoverimento.
In questo quadro, fosco al nord, ma drammatico al sud, non ci sono scelte forti da parte del governo centrale e, in più, verrebbe da chiedere conto ai parlamentari del centrodestra, si spostano le risorse dei fondi FAS dal sud al nord.
Intanto tutti parlano con entusiasmo del “new deal” verde di Obama, che, appena eletto, in tre giorni, capovolge la politica americana e sceglie di investire nelle tecnologie verdi per salvare il pianeta e l’economia americana.
Non ci è sfuggita l’interessante nota di Luigi Nicolais apparsa su Il Mattino del 20 gennaio u.s. dal titolo “Una ricetta verde per la Campania”. Ma il suo invito ad aprire un dibattito ovviamente è caduto nel vuoto e il dibattito politico ristagna intorno a questioni che non meritano neppure di essere ricordate. Neppure il dibattito che si è sviluppato nella “società civile” sembra proiettato verso le scelte da fare per il futuro.
Dalla grave crisi economica e morale si può uscire in due modi. O difendendo più o meno l’esistente o puntando a “progettare” il futuro.
L’impostazione data da Nicolais punta sicuramente sul secondo modo e, al di là dei massimi sistemi legati al richiamo ad Obama, c’è un terreno più circoscritto di sperimentazione del futuro altrettanto interessante.
Lascio da parte la polemica sul dualismo “ambientalismo del fare” e su quello del “no”. E’ un falso problema legato più ai ritardi della politica nell’affrontare preventivamente le questioni. Mi interessa piuttosto guardare in avanti, a quella che Jeremy Rifkin ha definito “la terza rivoluzione industriale”, incentrata su tre pilastri: energia da fonti rinnovabili, tecnologia dell’accumulazione dell’energia prodotta (idrogeno), reti energetiche intelligenti che sanno gestire i surplus o le deficienze. Mi interessa lo sviluppo di una “economia parallela” incentrata sulla ricerca, nell’industria ecocompatibile, nell’agricoltura “buona, pulita e giusta”, nell’edilizia sostenibile a risparmio energetico, nel turismo, nell’istruzione e nella cultura, nella qualità della vita. Mi interessa che, anche approfittando dell’opzione federalista, non si ci concentri però solo sulle “green technologies” ma ci possa essere un modello culturale, umanistico e filosofico, di diverso tipo che si richiami ai valori di Bruno e Campanella, perché resti agganciato ad una cultura meridionalista che ama la vita e non solo “la produttività legata al dio denaro”. Insomma non bisogna solo riconvertire in senso ecologico l’economia, ma c’è bisogno di riconvertirla anche sul piano culturale, legandola ai valori del pensiero umanistico e filosofico proprio della tradizione meridionale.
E’ una rivoluzione copernicana che fa riferimento a quello che il Sud ha sempre prodotto sul piano culturale, prima ancora che tecnologico. Solo così le tecnologie sarebbero veramente al servizio dell’uomo e della natura e non invece come è accaduto fino adesso al servizio solo del “profitto” di pochi.
Ci può essere utile, a tal proposito, quello che Cesare Pavese (piemontese doc) scriveva all’editore Giulio Einaudi: “…Egregio Editore, è venuta l’ora di dirVi, con tutto il rispetto, che fin che continuerete con questo sistema di sfruttamento integrale dei Vostri dipendenti, non potete sperare dagli stessi un rendimento superiore alle loro possibilità. C’è una vita da vivere, ci sono delle biciclette da inforcare, marciapiedi da passeggiare e tramonti da godere. La natura insomma ci chiama, egregio Editore; e noi seguiamo il suo appello…” (Mario Mastropaolo – Libro d’amore e d’anachia - 2009).
Certo bisogna concentrare tutte le risorse disponibili su questi obiettivi e, il metodo della partecipazione democratica è fondamentale per far ridiventare i cittadini (organizzati e non genericamente intesi) protagonisti del futuro che si vuole costruire.
Ma non si può progettare il futuro senza partire dal dare un segnale forte nel presente, con scelte coraggiose e, in alcuni casi, draconiane (ad esempio sul traffico, che non significa genericamente la chiusura di qualche strada o luogo, ma sviluppare una vera e propria politica di riduzione dell’uso dei veicoli privati).
Si può partire già da 4-5 punti programmatici forti.
Insomma bisogna partire dal presente (le bonifiche in particolare) per progettare il futuro. Così risponderemmo anche all’importante sollecitazione del Capo dello Stato “sull’impoverimento culturale e morale” delle classi dirigenti meridionali. Abbandonando sterili discussioni sulle persone e sviluppando un dibattito ampio e partecipato sul futuro, trasformando i partiti da consorterie ad “atelier del futuro”.
Io sono pronto. Chi altri lo è?
Enzo Falco

2 commenti:

Anonimo ha detto...

io ci sono, lo sai Enzo.

Anonimo ha detto...

invece di pensarea queste stronzate!!!!pensate che caivano e nella merda!!!!!!!!!!!!!!vergognatevi siete la vergogna di caivano.
una donna non puo uscire di casa perche viene rapinata dentro al negozio e fuori.
ma l'ascom dove sta? questi negozi che non anno sicurezza.questi negozi che non ci puoi entrare per paura.ma chi li difende?e i clienti che vengono nei negozi rapinati chi li risarcisce?invece di scannarvi2fate una guerra contro le rapine .contro i pirati della strada.contro alla violenza delle donne perche la donna che viene rapinata e minacciata subbisce violenza.andate in giro a vedere delle cose ingiustificate e corrotte.fata la rete fognaria.installate le videosorveglianze funzionabile non finte.questo e il vero politico quello che si batte affianco al cittadino vi do un consiglio tate un corso delle responsabilita e poi fate i politici.