venerdì 30 aprile 2010
Il nuovo Sindaco, la Giunta.. manca l'assessore al bilancio..
Forse Tonino Falco ha un problema, ed è grosso quanto una casa.. non ha l'assessore al bilancio. Nessuno lo vuole fare, parlo dei politici, quelli eletti che non vogliono dimettersi da consiglieri comunali. Ma se gli assessori devono essere "politici" e indicati dai partiti, perchè non se ne trova uno capace di gestire un settore così delicato? Perchè per quanto debba essere poltico è indubbio che ne debba capire qualcosa ... avere un minimo di conoscenza di finanza pubblica e delle norme che presidono le intere attività del Comune. D'altro canto, come si dice.., senza soldi non si cantano messe.. E allora come fare? Di un tecnico in quell'assessorato neanche a parlarne. Già la coperta è troppo corta per "accontentare" tutti, figuriamoci se c'è posto per un assessore tecnico. Non abbiamo Tremonti a Caivano ... a meno che non ci sia un "salto della quaglia"... Ma anche questa ipotesi diventa difficile, non tanto il salto quanto lo spazio per un ulteriore assessore a "forze aggiuntive", a meno che... non sostituiscano una forza politica. Potrebbe cioè entrare un gruppo di consiglieri di minoranza al posto di un partito di maggioranza (l'MPA?)e così salvare capra e cavoli. Avrebbe così ragione "Chi sale e chi scende" su certi incontri al bar... (vai su facebook). Ma "Chi sale e chi scende" sicuramente non ha ragione sull'Igica.. non credo abbiano cambiato i vertici ... non credo abbiano fatto nuove assunzioni ... e poi bisogna fare un bando pubblico... La situazione, come ampiamente previsto, si complica sempre più ... vincere è più facile che governare...
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mercoledì 28 aprile 2010
Il nuovo Sindaco, la Giunta.. due pesi e due misure..
Grande "dibattito" sulla Giunta.. indiscrezioni ... inciuci.... grande ironia/satira con questa nuova voce su Facebook (purtroppo anonima) Chisale chi scende, ma qualche riflessione critica possiamo farla. Abbiamo già detto del rischio che corre il Sindaco se non garantirà un'adeguata presenza femminile in Giunta. Di sicuro si sa che Carlo Ciccarelli, con il suo contributo di 200 voti, farà l'assessore, pare alle politiche sociali, ma la delega interessa poco. Chi sicuramente non avrà l'assessore saranno i Repubblicani che pure hanno portato un contributo di circa 200 voti. Ora la domanda sorge spontanea.. perchè i 200 voti di Ciccarelli valgono più dei 200 voti dei Repubblicani? C'è chi obietta che i 200 voti di Ciccarelli hanno consentito alla coalizione di vincere nel ballottaggio e quindi l'accordo politico fatto dal Sindaco era di dargli un assessorato. Ma perchè i 200 voti dei Repubblicani non li ha fatti vincere? Qualunque voto ha, nel computo generale, contribuito a far vincere Tonino Falco e gli altri partiti, perchè, come diceva Totò, è la somma che fa il totale... Quindi sul piano politico e della logica tutti i partiti della coalizione dovrebbero essere rappresentati in Giunta, salvo altri accordi assunti. Ma tant'è! Misteri della politica. Ma la Politica insegna che usare due pesi e due misure è sempre un errore.. ti fa quadrare i conti oggi ... ma domani ti si potrebbe rivoltare contro...
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martedì 20 aprile 2010
Il nuovo Sindaco, la Giunta.. le donne...
Si è insediato il nuovo Sindaco, adesso si aspetta la proclamazione ufficiale degli eletti e quindi il primo consiglio comunale con la presentazione della nuova giunta municipale, cui, credo, stia già lavorando il Sindaco e i partiti della coalizione che lo hanno sostenuto. Prime indiscrezioni sui nomi ma, al di là dei nomi, Tonino Falco dovrà far quadrare il cerchio delle legittime aspirazioni di chi ha portato voti e vittoria. Come conciliare qualità e rispetto dell’apporto di ciascun partito è cosa difficile ma in qualche modo si farà. Forse, ma non è detto, più difficile assolvere e rispettare il principio, sancito dall’art. 7 dello Statuto del Comune di Caivano, sulle pari opportunità e sulla presenza in Giunta di donne. Speriamo che il Sindaco non prenda la questione sottogamba, così come fece Papaccioli, anche perché nel frattempo è intervenuta una sentenza del TAR di Lecce. Con l’ordinanza 23 settembre 2009, n. 740 il Tar di Lecce annullò la Giunta provinciale di Taranto perché non aveva un’adeguata presenza femminile e ordinò al Presidente di “procedere alla modificazione della composizione della Giunta Provinciale, in modo da assicurare la presenza di entrambi i sessi, entro 30 giorni dalla notifica…”. E il Presidente della Provincia di Taranto non ha potuto far a meno che ottemperarvi. Un precedente cui nessuno ormai potrà far finta che non esista.
Quindi, caro Sindaco, come dicevano gli antichi… “prevenire è meglio che curare”.. e poi, credo che una cospicua presenza femminile in Giunta, sarebbe sicuramente un passo avanti, anche per recuperare l’atavica “poca presenza” di donne in Consiglio.
Ma quante donne assessore dovrebbero esserci? Per assicurare un’adeguata rappresentanza di genere, riferendoci per analogia alle varie leggi elettorali, credo non dovrebbero essere meno di un terzo, quindi su otto assessori, almeno tre dovrebbero essere donne…
Intanto segnaliamo l’importante iniziativa di Voce Per Tutti sulla raccolta di firme per trasmettere in diretta radio e televisiva i consigli comunali.. vedi: http://www.facebook.com/?tid=1210604160160&sk=messages#!/note.php?note_id=398423780024&id=100000756075620&ref=mf o scrivi e-mail a: vocepertutti@gmail.com
Quindi, caro Sindaco, come dicevano gli antichi… “prevenire è meglio che curare”.. e poi, credo che una cospicua presenza femminile in Giunta, sarebbe sicuramente un passo avanti, anche per recuperare l’atavica “poca presenza” di donne in Consiglio.
Ma quante donne assessore dovrebbero esserci? Per assicurare un’adeguata rappresentanza di genere, riferendoci per analogia alle varie leggi elettorali, credo non dovrebbero essere meno di un terzo, quindi su otto assessori, almeno tre dovrebbero essere donne…
Intanto segnaliamo l’importante iniziativa di Voce Per Tutti sulla raccolta di firme per trasmettere in diretta radio e televisiva i consigli comunali.. vedi: http://www.facebook.com/?tid=1210604160160&sk=messages#!/note.php?note_id=398423780024&id=100000756075620&ref=mf o scrivi e-mail a: vocepertutti@gmail.com
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mercoledì 14 aprile 2010
Fabio Mussi: Lettera aperta agli amici del PD
Dal sito di Sinistra Ecologia e Libertà una bella lettera del compagno Fabio Mussi agli amici del Partito Democratico sulle sorti della sinistra:
http://www.sinistraecologialiberta.it/vetrina/fabio-mussi-lettera-aperta-agli-amici-del-pd
Cari compagni e amici, dopo il biennio 2008-2010, dopo le elezioni politiche, amministrative, europee e regionali, se le cose restano così fino al prossimo voto del (forse) 2013 , se non si muove qualcosa nel nostro campo, il trionfo della destra è assicurato, e si sarà infine realizzato il disegno di un’Italia divisa, un’Italia clericale e xenofoba, populista e mafiosa, vandeana e cesarista. Una perfetta società classista, dove i cittadini saranno sottoposti alla legge, i potenti e i governanti no; dove sempre più i poveri pagheranno le tasse e i ricchi no; dove avranno un futuro certo solo i figli delle caste. Dove il lavoro sarà la merce più vile. Così si saranno gettate al vento conquiste centenarie e l’opera delle generazioni antifasciste che hanno edificato la Repubblica democratica. Credo che avvertiamo tutti la responsabilità di fermare la valanga.
Ciò obbliga prima di tutto a riflettere sugli errori e a correggerli. Rapidamente, perché il tempo stringe. Poco più di due anni fa –due anni fa!- il centrosinistra aveva il governo nazionale (sia pure con un soffio di maggioranza parlamentare), amministrava tre quarti dei Comuni e delle Provincie, governava quattordici Regioni su venti. Tutto rovesciato. Che cosa è successo? E’ cambiata radicalmente la formazione economico-sociale, si sono sovvertiti d’un colpo gli assetti dell’intera Nazione? Nel lampo di pochi mesi?
Seguo il dibattito post-voto, animato da qualche riflessione interessante (come quelle di Nadia Urbinati e di Alfredo Reichlin apparse sull’Unità), ma agitato da umori angosciosissimi: “giovani” contro “vecchi”, neoeletti regionali contro i “fighetti” di Roma, auspicatori di “leghe di sinistra”, importanti amministratori locali che si danno reciprocamente del “vile” e del “carrierista”, precedenti stati maggiori, già destituiti per la responsabilità di precedenti sconfitte, che mettono sotto accusa i successori per le sconfitte successive… Per favore. Per favore. Ci devono pur essere più profonde radici del problema, e soluzioni più alte.
Pongo un quesito: qual è stata in questi anni, a sinistra e nel centrosinistra, la novità? La novità è stata la nascita del Partito democratico. Lo riconosco, poteva essere suggestiva l’idea di una fusione della cultura di matrice socialista con quella di matrice cattolico-democratica. Non voglio ora disputare su quanto fosse restato vivo dell’una e dell’altra, in questo primo decennio del nuovo secolo. Ma è certo che la fusione non ha funzionato. Il tentativo è fallito –di questo si tratta.
E il fallimento del progetto del Partito democratico ha portato tutto il centrosinistra, tutto il campo democratico e di sinistra in un vicolo cieco. Berlusconi e la Lega hanno dilagato, e, con una opposizione debole e un’alternativa allo stato dei fatti improbabile, si muovono adesso rapidi e risoluti.
Il punto, cari amici e compagni, è che non uno dei presupposti su cui doveva reggersi il progetto del Pd si è realizzato. Non il bipartitismo (com’è ovvio, dato che non è cosa da Europa, ma la misura è clamorosa: con l’ultimo voto Pd più Pdl conquistano la metà dei votanti e un terzo degli elettori). Non la “vocazione maggioritaria” (magari la vocazione c’era, ma il Pd poi non ha preso i voti). Ma al fondo c’è altro e di più.
Non era vero che in Europa il socialismo, che pure attraversa una innegabile crisi, è un cane morto. Non è vero che basta mettersi sotto le bandiere del Nuovo e del Moderno per entrare nel futuro. Non è vero che la sinistra deve scolorare fino all’insignificanza intellettuale, e andare al centro, se vuole governare, secondo quell’idea di Left of Center che fu di Blair (e che ho visto con sorpresa radicalmente contestata, ora, da Massimo D’Alema in una conferenza alla London school of economics).
Non è vero, come ci spalanca di fronte agli occhi la crisi globale del capitalismo finanziario predatorio della nostra età, che il mercato si autoregola, e che dunque il conflitto sociale è roba dell’Ottocento. Aggiungo che si pone in termini assolutamente inediti la stessa “questione cattolica”, causa la deriva anticonciliare della Chiesa che l’attuale Papa, Joseph Ratzinger, reazionario e neotridentino, sta portando alle estreme conseguenze.
Alle ultime elezioni la Lega si rafforza più di chiunque altro (particolarmente in Veneto e nelle regioni rosse). Il Pdl perde voti, e tuttavia la coppia vincente risulta esattamente la Berlusconi-Bossi. Perché? Perchè dunque non si è aperta una crisi del berlusconismo, con tutto quello che si è visto e sentito, di Berlusconi e della sua corte, in questi mesi, e le prepotenze, e l’informazione imbavagliata, e gli abusi del potere, e la crisi economica, le famiglie che stentano e il lavoro che manca, e il massacro delle nuove generazioni…
Ma semplicemente perché, com’è noto, la rappresentazione della realtà resta sempre per un certo tempo più forte della realtà medesima, e idee, pregiudizi, ideologie , miti diventano, una volta costruiti –e Dio sa se, anche grazie a noi, l’uomo non ne ha i mezzi materiali!- tenacissime persistenze. Il Senso Comune è sempre la prima potenza politica. E, soprattutto nella società dell’informazione, i bassi profili, le mezze parole, le posizioni “moderate” diventano invisibili. Partiti e movimenti che non riescono più a creare senso comune, sono finiti.
A sinistra, una debole cultura critica, un malinteso senso della moderazione e del “centrismo” programmatico, ha prodotto una politica debole. Il paradosso è che in Italia l’opposizione è ragionevolmente “riformista”, mentre la destra di governo si autodetermina come fieramente “rivoluzionaria”. Alla fine, la politica si parla nella lingua della destra, padrona delle parole e dell’agenda pubblica. Sua è persino la potenza dell’antonomasia.
Se si dice “riforme “, tutti, ma proprio tutti, per antonomasia fanno correre ormai il pensiero ad un solo elenco: Costituzione, istituzioni, giustizia, presidenzialismo, federalismo, intercettazioni etc. Eppure mai come oggi si è posta l’esigenza di una –questa sì- Grande Riforma del sistema globale (lavoro, finanza, mercati, ambiente, con quel che segue in termini di diritti, giustizia e libertà umana), di portata più grande di quella che, tra gli anni Trenta e il dopoguerra, portò al “compromesso socialdemocratico” e allo Stato sociale.
Bisogna proprio aspettare Guido Rossi (in una intervista titolata da Repubblica:”Il capitalismo resta malato, nuove regole o sarà la fine”), per avere accesso al dibattito americano e sentir per esempio citato Richard Posner, il quale nel suo “La crisi della democrazia capitalista” sostiene che l’attuale crisi economica sta diventando crisi della democrazia? E’ proprio impossibile cambiare agenda? O imporre, nella società prima ancora che nelle istituzioni, temi che soli costituiscono la ragion d’essere di una sinistra e di un centrosinistra?
Cari amici e compagni, non bisogna forse allora tornare ai fondamenti? Una strategia di sopravvivenza porta alla sicura disfatta. Occorre reagire. E ci vuole coraggio. Personalità adulte, se si accorgono di aver fatto passi sbagliati, tornano sui loro passi, o cambiano strada. Passi sbagliati, sul piano politico e su quello culturale, ne abbiamo fatti. Dunque?
In Ungheria, i costumi tradizionali prevedono camicie con lunghissime file di bottoni. C’è un detto: “Se, abbottonando l’ultimo bottone, ti accorgi di avere sbagliato il primo, c’è una sola cosa da fare: sbottonare tutto, e ricominciare da capo”. Forse la sinistra e il centrosinistra devono provare a ricominciare proprio da lì, dal primo bottone nell’asola sbagliata. Tutto sommato, parliamo di scelte e assetti piuttosto recenti, e non dovrebbe essere un’impresa impossibile ripensarli, per curare la malattia mortale del Paese: l’assenza di una alternativa.
Cari compagni e amici del Partito democratico, proviamo a riformulare il progetto. Idee, assetti, struttura del nostro campo. Bisogna desiderare molto per ottenere qualcosa. Desiderare per il nostro Paese, naturalmente, e non per noi stessi.
Fabio Mussi
http://www.sinistraecologialiberta.it/vetrina/fabio-mussi-lettera-aperta-agli-amici-del-pd
Cari compagni e amici, dopo il biennio 2008-2010, dopo le elezioni politiche, amministrative, europee e regionali, se le cose restano così fino al prossimo voto del (forse) 2013 , se non si muove qualcosa nel nostro campo, il trionfo della destra è assicurato, e si sarà infine realizzato il disegno di un’Italia divisa, un’Italia clericale e xenofoba, populista e mafiosa, vandeana e cesarista. Una perfetta società classista, dove i cittadini saranno sottoposti alla legge, i potenti e i governanti no; dove sempre più i poveri pagheranno le tasse e i ricchi no; dove avranno un futuro certo solo i figli delle caste. Dove il lavoro sarà la merce più vile. Così si saranno gettate al vento conquiste centenarie e l’opera delle generazioni antifasciste che hanno edificato la Repubblica democratica. Credo che avvertiamo tutti la responsabilità di fermare la valanga.
Ciò obbliga prima di tutto a riflettere sugli errori e a correggerli. Rapidamente, perché il tempo stringe. Poco più di due anni fa –due anni fa!- il centrosinistra aveva il governo nazionale (sia pure con un soffio di maggioranza parlamentare), amministrava tre quarti dei Comuni e delle Provincie, governava quattordici Regioni su venti. Tutto rovesciato. Che cosa è successo? E’ cambiata radicalmente la formazione economico-sociale, si sono sovvertiti d’un colpo gli assetti dell’intera Nazione? Nel lampo di pochi mesi?
Seguo il dibattito post-voto, animato da qualche riflessione interessante (come quelle di Nadia Urbinati e di Alfredo Reichlin apparse sull’Unità), ma agitato da umori angosciosissimi: “giovani” contro “vecchi”, neoeletti regionali contro i “fighetti” di Roma, auspicatori di “leghe di sinistra”, importanti amministratori locali che si danno reciprocamente del “vile” e del “carrierista”, precedenti stati maggiori, già destituiti per la responsabilità di precedenti sconfitte, che mettono sotto accusa i successori per le sconfitte successive… Per favore. Per favore. Ci devono pur essere più profonde radici del problema, e soluzioni più alte.
Pongo un quesito: qual è stata in questi anni, a sinistra e nel centrosinistra, la novità? La novità è stata la nascita del Partito democratico. Lo riconosco, poteva essere suggestiva l’idea di una fusione della cultura di matrice socialista con quella di matrice cattolico-democratica. Non voglio ora disputare su quanto fosse restato vivo dell’una e dell’altra, in questo primo decennio del nuovo secolo. Ma è certo che la fusione non ha funzionato. Il tentativo è fallito –di questo si tratta.
E il fallimento del progetto del Partito democratico ha portato tutto il centrosinistra, tutto il campo democratico e di sinistra in un vicolo cieco. Berlusconi e la Lega hanno dilagato, e, con una opposizione debole e un’alternativa allo stato dei fatti improbabile, si muovono adesso rapidi e risoluti.
Il punto, cari amici e compagni, è che non uno dei presupposti su cui doveva reggersi il progetto del Pd si è realizzato. Non il bipartitismo (com’è ovvio, dato che non è cosa da Europa, ma la misura è clamorosa: con l’ultimo voto Pd più Pdl conquistano la metà dei votanti e un terzo degli elettori). Non la “vocazione maggioritaria” (magari la vocazione c’era, ma il Pd poi non ha preso i voti). Ma al fondo c’è altro e di più.
Non era vero che in Europa il socialismo, che pure attraversa una innegabile crisi, è un cane morto. Non è vero che basta mettersi sotto le bandiere del Nuovo e del Moderno per entrare nel futuro. Non è vero che la sinistra deve scolorare fino all’insignificanza intellettuale, e andare al centro, se vuole governare, secondo quell’idea di Left of Center che fu di Blair (e che ho visto con sorpresa radicalmente contestata, ora, da Massimo D’Alema in una conferenza alla London school of economics).
Non è vero, come ci spalanca di fronte agli occhi la crisi globale del capitalismo finanziario predatorio della nostra età, che il mercato si autoregola, e che dunque il conflitto sociale è roba dell’Ottocento. Aggiungo che si pone in termini assolutamente inediti la stessa “questione cattolica”, causa la deriva anticonciliare della Chiesa che l’attuale Papa, Joseph Ratzinger, reazionario e neotridentino, sta portando alle estreme conseguenze.
Alle ultime elezioni la Lega si rafforza più di chiunque altro (particolarmente in Veneto e nelle regioni rosse). Il Pdl perde voti, e tuttavia la coppia vincente risulta esattamente la Berlusconi-Bossi. Perché? Perchè dunque non si è aperta una crisi del berlusconismo, con tutto quello che si è visto e sentito, di Berlusconi e della sua corte, in questi mesi, e le prepotenze, e l’informazione imbavagliata, e gli abusi del potere, e la crisi economica, le famiglie che stentano e il lavoro che manca, e il massacro delle nuove generazioni…
Ma semplicemente perché, com’è noto, la rappresentazione della realtà resta sempre per un certo tempo più forte della realtà medesima, e idee, pregiudizi, ideologie , miti diventano, una volta costruiti –e Dio sa se, anche grazie a noi, l’uomo non ne ha i mezzi materiali!- tenacissime persistenze. Il Senso Comune è sempre la prima potenza politica. E, soprattutto nella società dell’informazione, i bassi profili, le mezze parole, le posizioni “moderate” diventano invisibili. Partiti e movimenti che non riescono più a creare senso comune, sono finiti.
A sinistra, una debole cultura critica, un malinteso senso della moderazione e del “centrismo” programmatico, ha prodotto una politica debole. Il paradosso è che in Italia l’opposizione è ragionevolmente “riformista”, mentre la destra di governo si autodetermina come fieramente “rivoluzionaria”. Alla fine, la politica si parla nella lingua della destra, padrona delle parole e dell’agenda pubblica. Sua è persino la potenza dell’antonomasia.
Se si dice “riforme “, tutti, ma proprio tutti, per antonomasia fanno correre ormai il pensiero ad un solo elenco: Costituzione, istituzioni, giustizia, presidenzialismo, federalismo, intercettazioni etc. Eppure mai come oggi si è posta l’esigenza di una –questa sì- Grande Riforma del sistema globale (lavoro, finanza, mercati, ambiente, con quel che segue in termini di diritti, giustizia e libertà umana), di portata più grande di quella che, tra gli anni Trenta e il dopoguerra, portò al “compromesso socialdemocratico” e allo Stato sociale.
Bisogna proprio aspettare Guido Rossi (in una intervista titolata da Repubblica:”Il capitalismo resta malato, nuove regole o sarà la fine”), per avere accesso al dibattito americano e sentir per esempio citato Richard Posner, il quale nel suo “La crisi della democrazia capitalista” sostiene che l’attuale crisi economica sta diventando crisi della democrazia? E’ proprio impossibile cambiare agenda? O imporre, nella società prima ancora che nelle istituzioni, temi che soli costituiscono la ragion d’essere di una sinistra e di un centrosinistra?
Cari amici e compagni, non bisogna forse allora tornare ai fondamenti? Una strategia di sopravvivenza porta alla sicura disfatta. Occorre reagire. E ci vuole coraggio. Personalità adulte, se si accorgono di aver fatto passi sbagliati, tornano sui loro passi, o cambiano strada. Passi sbagliati, sul piano politico e su quello culturale, ne abbiamo fatti. Dunque?
In Ungheria, i costumi tradizionali prevedono camicie con lunghissime file di bottoni. C’è un detto: “Se, abbottonando l’ultimo bottone, ti accorgi di avere sbagliato il primo, c’è una sola cosa da fare: sbottonare tutto, e ricominciare da capo”. Forse la sinistra e il centrosinistra devono provare a ricominciare proprio da lì, dal primo bottone nell’asola sbagliata. Tutto sommato, parliamo di scelte e assetti piuttosto recenti, e non dovrebbe essere un’impresa impossibile ripensarli, per curare la malattia mortale del Paese: l’assenza di una alternativa.
Cari compagni e amici del Partito democratico, proviamo a riformulare il progetto. Idee, assetti, struttura del nostro campo. Bisogna desiderare molto per ottenere qualcosa. Desiderare per il nostro Paese, naturalmente, e non per noi stessi.
Fabio Mussi
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lunedì 12 aprile 2010
Complimenti a Tonino Falco per la vittoria e onore delle armi a Simone Monopoli
Una manciata di voti alla fine hanno dato la vittoria a Tonino Falco. A lui vanno ovviamente i complimenti per una vittoria non facile.. ha azzeccato le mosse di contenere i danni a Pascarola e di recuperare circa 200 voti nel Parco Verde che, visto il divario esiguo, sono stati decisivi. A Simone Monopoli va come è giusto che sia l’onore delle armi. Si presentava con uno schieramento meno forte e strutturato, ha perso per una manciata di voti non riuscendo (e questo è il segreto del ballottaggio) a riportare a far votare per lui le persone che lo avevano votato al primo turno.
Archiviate ora le elezioni, c’è un Sindaco ed una maggioranza che devono governare e devono affrontare i temi irrisolti da quattro anni a questa parte. Ma c’è un opposizione che ha un ruolo altrettanto importante da svolgere e che, con grande maturità, deve saper orientare alla denuncia quando lo riterrà, ma deve saper dare anche un contributo fondamentale sui grandi temi/problemi di Caivano. Prima avremo questa maturità e meglio sarà per tutti.
Velocità di decisione ed efficacia sono i due parametri di riferimento del metodo da assumere. Per fare questo il nuovo Sindaco, Tonino Falco, deve riuscire a risolvere il nodo del “processo decisionale”: chi decide? In quale organismo? Nel consiglio comunale, nella giunta, in sede politica? Guai a trascurare il “governo” del consiglio comunale da un lato e il coinvolgimento dei partiti politici della coalizione dall’altro.
La filiera decisionale, a mio avviso, dovrebbe essere più o meno la seguente: imput politici, atti d’indirizzo in consiglio comunale, esecutività alla giunta e al Sindaco, verifica delle attuazioni in consiglio comunale, “question time” pubblici, trasparenza nel trasmettere via radio e via televisione i consigli comunali.
Ma come si fa a conciliare i rituali di una democrazia partecipata e la velocità e la efficacia delle decisioni?
E’ tutto qui il nodo della governabilità. Un sindaco bravo deve riuscire esattamente a far quadrare questo cerchio.
Ma quali sono i problemi da affrontare con determinazione subito?
La questione ambientale: ancora ieri Roberto Saviano, nella trasmissione di Fabio Fazio, “che tempo che fa”, ha rilanciato il grido d’allarme sulla salute dei nostri territori e dei nostri cittadini dopo l’avvelenamento da rifiuti tossici fatto dalla camorra. Bonifiche e controllo del territorio sono il punto d’attacco rispetto ai quali non servono “pannicelli caldi” ma decisioni forti, così come sul controllo dell’aria, della falda acquifera e dell’inquinamento elettromagnetico. Un’attenzione particolare alle emissioni delle auto che ormai “occupano” la nostra cittadina, oltre che la nostra vita.
La questione legalità: lotta alla macro e micro criminalità che deve trovare una costante collaborazione tra l’Amministrazione comunale e le forze dell’ordine che devono presidiare il territorio sia come presenza che come intelligence. Contemporanemente il massimo dell’investimento in scuola, cultura, giovani.
La questione lavoro e sviluppo: subito un atto d’indirizzo sulla questione urbanistica che chiarisca alcune incongruenze tra regolamento edilizio e norme tecniche di attuazione; nuovo piano regolatore che recuperi le zone B e dia strumenti attuativi più forti per quelle C; piani di recupero del centro storico e delle zone ex abusive; sblocco delle aree libere nell’ASI; grandi centri commerciali specializzati connessi e che siano da volano e non affossino l’economia locale; grande rilancio dell’agricoltura e del piccolo commercio specializzato.
La questione economico-finanziaria: qualche giorno fa moltissimi sindaci del nord, di tutti i colori politici, hanno manifestato a Milano contro il governo per i tagli dei finanziamenti ai comuni e per il blocco legato al “patto di stabilità” che blocca finanche le spese per investimento. La questione economico finanziaria del Comune di Caivano è sicuramente complicata, già per poter fare le semplici manutenzione, figuriamoci per gli investimenti. Il rischio, se non si affronta questo nodo è quello del famoso proverbio: “senza soldi non si cantano messe”. Bisogna mettere ordine in quei conti, ma i soldi vanno cercati nell’ambito dei fondi strutturali (POR Campania Agenda 2007-2013). Ma per attivare quei fondi ci vuole una idea chiara sulla “città futura” e progetti coerenti (che per essere validi vanno pagati). Bisogna trovare e investire un milione di euro in progetti… altrimenti ogni speranza di una città più vivibile si rivelerà velleitaria e destinata al naufragio…
Ribadisco il problema non era e non è solo vincere ma era ed è soprattutto governare….
In bocca al lupo Tonino…
Archiviate ora le elezioni, c’è un Sindaco ed una maggioranza che devono governare e devono affrontare i temi irrisolti da quattro anni a questa parte. Ma c’è un opposizione che ha un ruolo altrettanto importante da svolgere e che, con grande maturità, deve saper orientare alla denuncia quando lo riterrà, ma deve saper dare anche un contributo fondamentale sui grandi temi/problemi di Caivano. Prima avremo questa maturità e meglio sarà per tutti.
Velocità di decisione ed efficacia sono i due parametri di riferimento del metodo da assumere. Per fare questo il nuovo Sindaco, Tonino Falco, deve riuscire a risolvere il nodo del “processo decisionale”: chi decide? In quale organismo? Nel consiglio comunale, nella giunta, in sede politica? Guai a trascurare il “governo” del consiglio comunale da un lato e il coinvolgimento dei partiti politici della coalizione dall’altro.
La filiera decisionale, a mio avviso, dovrebbe essere più o meno la seguente: imput politici, atti d’indirizzo in consiglio comunale, esecutività alla giunta e al Sindaco, verifica delle attuazioni in consiglio comunale, “question time” pubblici, trasparenza nel trasmettere via radio e via televisione i consigli comunali.
Ma come si fa a conciliare i rituali di una democrazia partecipata e la velocità e la efficacia delle decisioni?
E’ tutto qui il nodo della governabilità. Un sindaco bravo deve riuscire esattamente a far quadrare questo cerchio.
Ma quali sono i problemi da affrontare con determinazione subito?
La questione ambientale: ancora ieri Roberto Saviano, nella trasmissione di Fabio Fazio, “che tempo che fa”, ha rilanciato il grido d’allarme sulla salute dei nostri territori e dei nostri cittadini dopo l’avvelenamento da rifiuti tossici fatto dalla camorra. Bonifiche e controllo del territorio sono il punto d’attacco rispetto ai quali non servono “pannicelli caldi” ma decisioni forti, così come sul controllo dell’aria, della falda acquifera e dell’inquinamento elettromagnetico. Un’attenzione particolare alle emissioni delle auto che ormai “occupano” la nostra cittadina, oltre che la nostra vita.
La questione legalità: lotta alla macro e micro criminalità che deve trovare una costante collaborazione tra l’Amministrazione comunale e le forze dell’ordine che devono presidiare il territorio sia come presenza che come intelligence. Contemporanemente il massimo dell’investimento in scuola, cultura, giovani.
La questione lavoro e sviluppo: subito un atto d’indirizzo sulla questione urbanistica che chiarisca alcune incongruenze tra regolamento edilizio e norme tecniche di attuazione; nuovo piano regolatore che recuperi le zone B e dia strumenti attuativi più forti per quelle C; piani di recupero del centro storico e delle zone ex abusive; sblocco delle aree libere nell’ASI; grandi centri commerciali specializzati connessi e che siano da volano e non affossino l’economia locale; grande rilancio dell’agricoltura e del piccolo commercio specializzato.
La questione economico-finanziaria: qualche giorno fa moltissimi sindaci del nord, di tutti i colori politici, hanno manifestato a Milano contro il governo per i tagli dei finanziamenti ai comuni e per il blocco legato al “patto di stabilità” che blocca finanche le spese per investimento. La questione economico finanziaria del Comune di Caivano è sicuramente complicata, già per poter fare le semplici manutenzione, figuriamoci per gli investimenti. Il rischio, se non si affronta questo nodo è quello del famoso proverbio: “senza soldi non si cantano messe”. Bisogna mettere ordine in quei conti, ma i soldi vanno cercati nell’ambito dei fondi strutturali (POR Campania Agenda 2007-2013). Ma per attivare quei fondi ci vuole una idea chiara sulla “città futura” e progetti coerenti (che per essere validi vanno pagati). Bisogna trovare e investire un milione di euro in progetti… altrimenti ogni speranza di una città più vivibile si rivelerà velleitaria e destinata al naufragio…
Ribadisco il problema non era e non è solo vincere ma era ed è soprattutto governare….
In bocca al lupo Tonino…
mercoledì 7 aprile 2010
Democrazia delle clientele di Francesco De Notaris
da la Repubblica — 06 aprile 2010 pagina 8 sezione: NAPOLI
Gli esponenti nazionali dei partiti commentano i risultati elettorali adottando criteri che si riferiscono alla normale percezione degli elettori che credono nella competizione tra un centrodestra e un centrosinistra come viene rappresentata, quasi per tranquillizzare l' elettorato, all' interno di un processo definito democratico. Si sorvola o si tace su liste "atipiche" o "di disturbo" e sulle vere motivazioni che fanno pendere l' ago della bilancia da un lato o dall' altro. Si tende poi a comunicare l' idea che l' innovatore è il vincitore, il cattivo amministratore è il perdente e che l' elettore ha capito sempre tutto, se ha votato dalla stessa parte del politico commentatore di turno. Desidero brevemente fotografare il "caso Campania", senza entrare in giudizi sulla amministrazione regionale e senza dare numeri. Lascio alla immaginazione del lettore ogni considerazione. Mi rendo conto che il ragionamento è esposto a ogni forma di critica e precisazione, ma a me interessa la conclusione intorno alla quale chiederei commenti adeguati. Documento gli schieramenti presenti nelle elezioni regionali del 2005 e in quelle del 2010. 2005: per Bassolino - Margherita, Ds, Udeur, Sdi, Rif. Com., Verdi, Comunisti it., Idv, Repubblicani, Democ. Federalista, Rep. europei, Governo civico. Totale: 63.9 per cento. 2005: per Bocchino - Fi, An, Udc, Nuovo Psi, Pri, Part. Pensionati, Mov. Soc. Totale: 33.6. 2010: per De Luca - Pd, Idv, Campania Libera, Sinistra Ecologia e Libertà, Alleanza per l' Italia, Verdi, Lista Bonino. Totale: 36.2. 2010: per Caldoro - Pdl, Udc, Udeur, Alleanza di popolo, Noi Sud, Alleanza di centro, La Destra, Lista per Caldoro. Totale: 60.2. La coalizione presieduta da Bassolino dal 2005 al 2010 è la stessa che vinse nel 2000 con il 53.6. Da quelle coalizioni nell' ultimo anno l' Udeur è uscito ed è andato nel centrodestra. Dal Pd è andato nell' Udc De Mita con altri esponenti. L' area della sinistra ha presentato un proprio candidato alla presidenza ed un altro è stato presentato da Grillo. In sostanza una parte della coalizione di centrosinistra che ha governato la Campania per nove anni si è trasferita con gli stessi esponenti nel centrodestra. Ad esempio, chi ha governato la sanità della Campania per nove anni oggi si appresta a governarla nel centrodestra. Gli esponenti dell' Udeur che sono stati assessori e presidenti del consiglio regionale ora sono con il centrodestra. Si apre la questione del trasformismo, il grande male del Sud, come nell' insegnamento dei grandi meridionalisti. Si apre la questione della trasmigrazione delle clientele. Si apre la questione della spesa pubblica e della sua distribuzione alle categorie parassitarie. In Campania, due giorni prima delle elezioni, molti esponenti del mondo della medicina sono andati a genuflettersi portando in dono voti e fedeltà (sempre per il momento) a quello che si pensava diventasse il nuovo presidente. Abbiamo in Campania, nel Sud, ma ormai in tutta Italia una struttura sociale che non è alimentata da una sana democrazia. L' amministratore eletto con il burocrate di turno dispone arbitrariamente delle risorse pubbliche. Se cambiano gli amministratori pezzi di società temono di non lavorare. L' accesso alle risorse pubbliche per lo sviluppo dovrebbe essere pubblico, godere di imparzialità e non essere sottoposto all' arbitrio, alle amicizie, alle appartenenze. Provate a presentare un progetto, a proporre un' idea, a fare teatro, a tentare percorsi innovativi, a produrre anche un cortometraggio e a voler lecitamente godere delle provvidenze e dei contributi previsti dalle leggi. Provate a farlo nel nostro Sud. Provate ad accedere ai ministeri. Vi chiederanno chi vi manda. Attenderanno la telefonata importante. Chiederanno di ricevere un grazie. Le idee di sinistrao di destrao di centro non hanno rilevanza, anzi non ci sono... Esistono i patti tra pochi, in base alle amicizie e alle appartenenze. Le idee, lo stesso democratico dissenso non si esprime democraticamente, è silenzioso ed emerge all' improvviso e non sempre nel voto, nelle fulminee trasmigrazioni dei politici quando c' è odore di elezione. Le istituzioni con la loro neutralità, il senso dello Stato sono assenti. Gli eletti trasferiscono nelle istituzioni logiche di bande, di clan, di quelli che vengono chiamati "partiti" senza esserlo, e si sprecano i conflitti di interesse e il desiderio dell' arricchimento illecito attraverso il pubblico denaro. All' interno di un grande Sistema (leggere Roberto Saviano) si costituisce un sistema contrappostoa un altro e insieme fanno parte del grande Sistema (sempre leggere Saviano). E la chiamano democrazia... L' autore è direttore del Bollettino delle Assise della Città di Napoli . - FRANCESCO DE NOTARIS
Gli esponenti nazionali dei partiti commentano i risultati elettorali adottando criteri che si riferiscono alla normale percezione degli elettori che credono nella competizione tra un centrodestra e un centrosinistra come viene rappresentata, quasi per tranquillizzare l' elettorato, all' interno di un processo definito democratico. Si sorvola o si tace su liste "atipiche" o "di disturbo" e sulle vere motivazioni che fanno pendere l' ago della bilancia da un lato o dall' altro. Si tende poi a comunicare l' idea che l' innovatore è il vincitore, il cattivo amministratore è il perdente e che l' elettore ha capito sempre tutto, se ha votato dalla stessa parte del politico commentatore di turno. Desidero brevemente fotografare il "caso Campania", senza entrare in giudizi sulla amministrazione regionale e senza dare numeri. Lascio alla immaginazione del lettore ogni considerazione. Mi rendo conto che il ragionamento è esposto a ogni forma di critica e precisazione, ma a me interessa la conclusione intorno alla quale chiederei commenti adeguati. Documento gli schieramenti presenti nelle elezioni regionali del 2005 e in quelle del 2010. 2005: per Bassolino - Margherita, Ds, Udeur, Sdi, Rif. Com., Verdi, Comunisti it., Idv, Repubblicani, Democ. Federalista, Rep. europei, Governo civico. Totale: 63.9 per cento. 2005: per Bocchino - Fi, An, Udc, Nuovo Psi, Pri, Part. Pensionati, Mov. Soc. Totale: 33.6. 2010: per De Luca - Pd, Idv, Campania Libera, Sinistra Ecologia e Libertà, Alleanza per l' Italia, Verdi, Lista Bonino. Totale: 36.2. 2010: per Caldoro - Pdl, Udc, Udeur, Alleanza di popolo, Noi Sud, Alleanza di centro, La Destra, Lista per Caldoro. Totale: 60.2. La coalizione presieduta da Bassolino dal 2005 al 2010 è la stessa che vinse nel 2000 con il 53.6. Da quelle coalizioni nell' ultimo anno l' Udeur è uscito ed è andato nel centrodestra. Dal Pd è andato nell' Udc De Mita con altri esponenti. L' area della sinistra ha presentato un proprio candidato alla presidenza ed un altro è stato presentato da Grillo. In sostanza una parte della coalizione di centrosinistra che ha governato la Campania per nove anni si è trasferita con gli stessi esponenti nel centrodestra. Ad esempio, chi ha governato la sanità della Campania per nove anni oggi si appresta a governarla nel centrodestra. Gli esponenti dell' Udeur che sono stati assessori e presidenti del consiglio regionale ora sono con il centrodestra. Si apre la questione del trasformismo, il grande male del Sud, come nell' insegnamento dei grandi meridionalisti. Si apre la questione della trasmigrazione delle clientele. Si apre la questione della spesa pubblica e della sua distribuzione alle categorie parassitarie. In Campania, due giorni prima delle elezioni, molti esponenti del mondo della medicina sono andati a genuflettersi portando in dono voti e fedeltà (sempre per il momento) a quello che si pensava diventasse il nuovo presidente. Abbiamo in Campania, nel Sud, ma ormai in tutta Italia una struttura sociale che non è alimentata da una sana democrazia. L' amministratore eletto con il burocrate di turno dispone arbitrariamente delle risorse pubbliche. Se cambiano gli amministratori pezzi di società temono di non lavorare. L' accesso alle risorse pubbliche per lo sviluppo dovrebbe essere pubblico, godere di imparzialità e non essere sottoposto all' arbitrio, alle amicizie, alle appartenenze. Provate a presentare un progetto, a proporre un' idea, a fare teatro, a tentare percorsi innovativi, a produrre anche un cortometraggio e a voler lecitamente godere delle provvidenze e dei contributi previsti dalle leggi. Provate a farlo nel nostro Sud. Provate ad accedere ai ministeri. Vi chiederanno chi vi manda. Attenderanno la telefonata importante. Chiederanno di ricevere un grazie. Le idee di sinistrao di destrao di centro non hanno rilevanza, anzi non ci sono... Esistono i patti tra pochi, in base alle amicizie e alle appartenenze. Le idee, lo stesso democratico dissenso non si esprime democraticamente, è silenzioso ed emerge all' improvviso e non sempre nel voto, nelle fulminee trasmigrazioni dei politici quando c' è odore di elezione. Le istituzioni con la loro neutralità, il senso dello Stato sono assenti. Gli eletti trasferiscono nelle istituzioni logiche di bande, di clan, di quelli che vengono chiamati "partiti" senza esserlo, e si sprecano i conflitti di interesse e il desiderio dell' arricchimento illecito attraverso il pubblico denaro. All' interno di un grande Sistema (leggere Roberto Saviano) si costituisce un sistema contrappostoa un altro e insieme fanno parte del grande Sistema (sempre leggere Saviano). E la chiamano democrazia... L' autore è direttore del Bollettino delle Assise della Città di Napoli . - FRANCESCO DE NOTARIS
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sabato 3 aprile 2010
Caivano (non) sarà…
Archiviato il primo turno di queste elezioni amministrative, ci ritroviamo con macerie a sinistra e con un ballottaggio, ampiamente previsto, tra Tonino Falco e Simone Monopoli, tra un centro disomogeneo e una destra ancora troppo inesperta.
Ma andiamo con ordine. Sconfitta, senza appelli, mia e di Sinistra, Ecologia e Libertà, puniti, credo, per essere andati da soli un’altra volta, puniti per la pervicacia di voler essere “duri e puri” in solitario, penalizzati da una legge elettorale che favorisce le aggregazioni. Resteremo, quindi, fuori dal prossimo Consiglio comunale, al di là dei meriti e/o dei demeriti connessi alla nostra storia personale e collettiva, politica e di impegno sociale. Ma si sa, come diceva il Principe Salina nel bellissimo romanzo di Tomasi di Lampedusa “oggi non è più il tempo dei gattopardi..ma delle iene..”. In ogni caso, siamo andati incontro alle difficoltà consapevoli del fatto che c’è una dignità anche nella sconfitta e che l’unica battaglia persa davvero è quella che non si è disposti a combattere. Esce male anche il PD con i suoi alleati, IdV e RC, perché, avevamo ragione da vendere, è stata sbagliata l’intera trattativa condotta da quel gruppo dirigente fino all’errore fatale di indicare un candidato Sindaco non “riconoscibile” né come identità politica, né territoriale, determinando un ulteriore divisione a sinistra. Bisognerà, spero, ricostruire quel muro caduto e ripartire da un lavoro di riradicamento territoriale che, senza scorciatoie, ricostruisca un’alternativa nuova tra cinque anni.
E veniamo al ballottaggio. Merito ai due candidati sindaci e ai loro schieramenti l’essere riusciti a catalizzare e a polarizzare i voti. Avevano più credibilità nell’andare al ballottaggio e i cittadini hanno colto questa tendenza e l’hanno rafforzata. Ma resta per intero il tema che abbiamo lanciato in campagna elettorale: il governo della città. Si può vincere, ma è più importante governare. Tonino Falco non sembra avere il carisma di chi “decide” autonomamente e sembra più succube del suo schieramento e dei meccanismi di potere che gli sono sottesi. Troppi interessi edilizi e soprattutto interessi eterogenei e contrastanti. Monopoli, sicuramente più “scafato” ha una coalizione meno esperta, meno politicamente preparata e consolidata, capace di reggere all’urto fisico e psicologico della tenuta complessiva sul piano politico e amministrativo.
Il rischio, evidente, è per entrambi di non riuscire a governare. E questo sarebbe una ulteriore iattura per Caivano e i caivanesi.
Sinistra, Ecologia e Libertà ha ragionato molto sul “che fare?”, e, per quanto ci siamo sforzati non siamo riusciamo a individuare, in questo ballottaggio, una prospettiva utile per Caivano.
Noi continueremo, anche fuori dal Consiglio comunale, a fare la nostra battaglia per una sinistra moderna che ha un’idea diversa di città e della nostra vita personale e collettiva.. Bisognerà costruire un nuovo vocabolario e una nuova narrazione… lo dovremo fare soprattutto con i giovani….
Quindi libertà di voto ai nostri iscritti e ai nostri elettori con l’amara considerazione dopo anni di impegno che, purtroppo, ahinoi, il rischio vero è che Caivano (non) sarà…..
Ma andiamo con ordine. Sconfitta, senza appelli, mia e di Sinistra, Ecologia e Libertà, puniti, credo, per essere andati da soli un’altra volta, puniti per la pervicacia di voler essere “duri e puri” in solitario, penalizzati da una legge elettorale che favorisce le aggregazioni. Resteremo, quindi, fuori dal prossimo Consiglio comunale, al di là dei meriti e/o dei demeriti connessi alla nostra storia personale e collettiva, politica e di impegno sociale. Ma si sa, come diceva il Principe Salina nel bellissimo romanzo di Tomasi di Lampedusa “oggi non è più il tempo dei gattopardi..ma delle iene..”. In ogni caso, siamo andati incontro alle difficoltà consapevoli del fatto che c’è una dignità anche nella sconfitta e che l’unica battaglia persa davvero è quella che non si è disposti a combattere. Esce male anche il PD con i suoi alleati, IdV e RC, perché, avevamo ragione da vendere, è stata sbagliata l’intera trattativa condotta da quel gruppo dirigente fino all’errore fatale di indicare un candidato Sindaco non “riconoscibile” né come identità politica, né territoriale, determinando un ulteriore divisione a sinistra. Bisognerà, spero, ricostruire quel muro caduto e ripartire da un lavoro di riradicamento territoriale che, senza scorciatoie, ricostruisca un’alternativa nuova tra cinque anni.
E veniamo al ballottaggio. Merito ai due candidati sindaci e ai loro schieramenti l’essere riusciti a catalizzare e a polarizzare i voti. Avevano più credibilità nell’andare al ballottaggio e i cittadini hanno colto questa tendenza e l’hanno rafforzata. Ma resta per intero il tema che abbiamo lanciato in campagna elettorale: il governo della città. Si può vincere, ma è più importante governare. Tonino Falco non sembra avere il carisma di chi “decide” autonomamente e sembra più succube del suo schieramento e dei meccanismi di potere che gli sono sottesi. Troppi interessi edilizi e soprattutto interessi eterogenei e contrastanti. Monopoli, sicuramente più “scafato” ha una coalizione meno esperta, meno politicamente preparata e consolidata, capace di reggere all’urto fisico e psicologico della tenuta complessiva sul piano politico e amministrativo.
Il rischio, evidente, è per entrambi di non riuscire a governare. E questo sarebbe una ulteriore iattura per Caivano e i caivanesi.
Sinistra, Ecologia e Libertà ha ragionato molto sul “che fare?”, e, per quanto ci siamo sforzati non siamo riusciamo a individuare, in questo ballottaggio, una prospettiva utile per Caivano.
Noi continueremo, anche fuori dal Consiglio comunale, a fare la nostra battaglia per una sinistra moderna che ha un’idea diversa di città e della nostra vita personale e collettiva.. Bisognerà costruire un nuovo vocabolario e una nuova narrazione… lo dovremo fare soprattutto con i giovani….
Quindi libertà di voto ai nostri iscritti e ai nostri elettori con l’amara considerazione dopo anni di impegno che, purtroppo, ahinoi, il rischio vero è che Caivano (non) sarà…..
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