Si dice, ed è vero, che le fondamenta della democrazia sono due: la partecipazione e la trasparenza.
Partecipazione, perché per rendere la democrazia effettivamente operante è necessario che i cittadini trovino al di là del voto i canali giusti per influenzare la formazione delle decisioni ed incidere sull’esercizio del potere. Trasparenza, perché chi governa è obbligato a rendere conto a chi è governato di ciò che intende fare e di quel che fa.
Ambedue questi pilastri sono fortemente compromessi.
Durante gran parte del 900, furono i partiti, in particolare quelli di massa, ad offrire modalità e strumenti efficaci per la partecipazione dei cittadini alla politica, svolgendo un ruolo essenziale nell’avvicinare le popolazioni alle istituzioni. La crisi delle ideologie ha però trascinato con sé anche gli ideali ed i valori intorno ai quali i cittadini si erano organizzati per l’affermazione dello loro idee e la difesa dei propri interessi, nobilitandoli. I partiti hanno di conseguenza progressivamente perso il ruolo di strumenti della partecipazione e di qualche controllo sugli eletti. E’ esplosa così la crisi della rappresentanza: la distanza tra politica, istituzioni e cittadini è di nuovo aumentata.
Anche la trasparenza è in sofferenza. Non solo per l’aumentata distanza della politica e delle istituzioni dai cittadini, ma anche per l’insorgere del leaderismo, fenomeno del tutto omogeneo alle molteplici sfaccettature della società dell’immagine, nella quale l’apparire conta assai più dell’essere e la notizia crea la realtà e non viceversa. La politica è divenuta spettacolo che sul proscenio recita una rappresentazione che ha poco o nulla a che vedere con quel che accade dietro le quinte.
Il cittadino non solo non dispone più dei mezzi per influenzare attraverso i canali della politica i processi decisionali del potere, ma non conosce più nemmeno la reale portata delle decisioni che vengono prese.
Ciò è particolarmente grave nel contesto di una società sempre più complessa nella quale è aumentato e minaccia di aumentare ancora il numero delle relazioni tra le diverse componenti della organizzazione sociale e dell’ordinamento statuale e quindi il numero delle decisioni da prendere. Per fronteggiare la complessità si è pensato bene di concentrare i processi decisionali, di restringere cioè il numero delle sedi dove “si conta”, dove si prendono le decisioni importanti.
La democrazia insomma si è ridotta a mera modalità, esposta ad ogni sorta di manipolazione, di selezione delle “rappresentanze” che in non pochi casi vanno somigliando sempre più a gruppi oligarchici. I cittadini, come quelli che un tempo non a caso si chiamavano sudditi, sono tornati ad essere destinatari forzatamente passivi di decisioni adottate da un potere lontano.
Si continua a chiamare democrazia, ma questa per sua natura non sopporta deleghe totali ed in bianco. Una possibile risposta alla crisi della democrazia si può forse intravedere negli esperimenti di democrazia partecipativa che si stanno dispiegando alla scala urbana.
Nei grandi, medi e piccoli Comuni, la società civile si organizza in forme diverse e varie per interloquire con la istituzione a sé più vicina, per analizzare e discutere i problemi avvertiti come rilevanti per la vita di ciascuno, formula indirizzi di soluzione, influenza il processo decisionale e ne segue da vicino lo svolgimento. La società tenta di uscire dall’ anonimia e dalla supinità e ridiventare comunità che riannoda i fili della propria identità.
Quanto esperienze del genere, se diffuse, possano essere decisive per rivitalizzare le società meridionali è semplicemente evidente. Del pari evidente è che esse possano essere decisive per il miglioramento della qualità dei sistemi sociali del Mezzogiorno.
Negli anni recenti l’agenda dei problemi che i governi delle città meridionali sono chiamati ad affrontare si è molto allungata. Ciò è dovuto a processi articolati e complessi che riguardano la forma stessa delle città, i mutamenti avvenuti di carattere sociale ed economico, i mutamenti di carattere politico. Nuove domande coinvolgono l’azione delle amministrazioni locali : il sostegno allo sviluppo economico locale; la definizione di nuovi assetti economici e territoriali in risposta alla crisi della grande industria e dei settori economici tradizionali; la definizione di interventi idonei a valorizzare le risorse endogene e a reggere la competizione dei sistemi territoriali.
Nel campo dei processi di trasformazione territoriale nascono nuove domande : di riqualificazione di aree degradate (periferie urbane, aree periurbane) o di riutilizzazione di parti di città che hanno perso la loro funzione (aree industriali, aree ferroviarie, grandi e piccoli contenitori urbani); di miglioramento della qualità ambientale e più in generale di innalzamento della qualità dell’abitare; legate al consumo culturale e al tempo libero (non a costi proibitivi che escludono ulteriormente le fasce deboli della società).
E’ importante ricordare che tutte queste nuove domande si sommano a quelle più tradizionali, di manutenzione urbana, di erogazione dei servizi, di risposta ai pressanti fenomeni di povertà ed esclusione sociale.
La costruzione di politiche che puntano a rispondere efficacemente alle nuove domande sopra accennate non può avvenire senza la mobilitazione di attori locali (imprenditori, tecnici, intellettuali, terzo settore) ed il coinvolgimento degli abitanti come protagonisti dei processi di riqualificazione, perché non esistono soluzioni tecnocratiche a questi problemi. La partecipazione svolge un ruolo centrale per rispondere all’esigenza di orientare una pluralità di soggetti diversi verso obiettivi comuni, creando una importante infrastruttura immateriale per lo sviluppo. Esperienze recenti ma significative in questo campo sono ad esempio i percorsi di Agenda 21 Locale, i nuovi municipi e i bilanci partecipati. Attraverso percorsi di partecipazione della comunità locale è, infatti, possibile programmare e calibrare interventi realmente efficaci, vicini alle esigenze dei cittadini, degli operatori economici e sociali; interventi che, nei vari campi, mettono a valore le caratteristiche identitarie delle città, le risorse territoriali endogene e innescano meccanismi virtuosi di innalzamento della qualità della vita della comunità nel suo insieme, dei singoli quartieri. Ciò si è dimostrato vero in varie realtà meridionali, ad esempio, nel campo dei servizi e delle politiche sociali (piani di zona legge 328) rendendo possibile , con la partecipazione della comunità e del terzo settore, la creazione di servizi ed attrezzature innovative che rispondono alle nuove esigenze delle famiglie e a particolari bisogni sociali ancora inevasi.
Altri esempi significativi riguardano, ad esempio, i programmi di riqualificazione di ambiti urbani degradati realizzati con il diretto coinvolgimento degli abitanti e degli operatori economici e sociali lì insediati. E’ il caso di alcuni programmi di tipo integrato (Urban e in parte i Contratti di Quartiere) realizzati in alcune città meridionali che, con un paziente lavoro di ricucitura e di integrazione, hanno messo insieme politiche per lo sviluppo locale, riqualificazione di spazi pubblici, recupero ambientale, con risultati positivi proprio perché appropriati al contesto e duraturi. Un lavoro, questo, che difficilmente avrebbe potuto essere svolto dall’alto.
L’azione della amministrazione locale, dunque, diviene efficace soprattutto quando assume il ruolo di facilitatore della mobilitazione delle risorse già esistenti, in una concezione del progetto urbano come progetto multi-dimensionale e partecipato.
Il Comune di Caivano, qualunque sua Amministrazione, non può non assumere questo percorso come elemento fondante della propria politica, facilitandone il divenire e strutturando, in particolare sulle politiche ambientali, sociali e di governo del territorio, una prassi che possa diventare nel tempo organica e costitutiva di un nuovo modello di “governance”. Quello che l’Amministrazione Semplice non è riuscita a fare e, a maggior ragione, non riesce a fare neppure l'Amministrazione Papaccioli, che pure ha avuto un plebiscito di voti. Ciò che sta caratterizzando anche questa Amministrazione è un fenomeno di trasformismo politico mai conosciuto prima, che rompe il già precario rapporto tra l’Istituzione comunale e i propri cittadini. Il recupero di una dimensione politica che ritrova nei valori etici l’essenza del suo essere è un obiettivo prioritario per chiunque voglia costruire un'alternativa di governo davvero nuova.
Enzo Falco
martedì 29 luglio 2008
Democrazia e partecipazione. Per una ecologia della politica
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democrazia,
La crisi della politica,
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