E’ sotto gli occhi di tutti la grave crisi agricola che sta investendo le aziende agricole campane e i prodotti leader di questo comparto, a partire dalla mozzarella di bufala. Alla crisi che è produttiva, di commercializzazione e finanziario/bancaria fa da contraltare il fatto che i consumatori trovano sui mercati questi prodotti a costi esorbitanti. Alla fine sono penalizzate contemporaneamente le imprese agricole e gli acquirenti finali. Dove va a finire il “valore aggiunto”, cioè lo scarto tra i 5 centesimi pagati ai contadini per un mazzo d’insalata e i 2,5 euro che pagano i consumatori? Va a finire nell’infinita serie di passaggi che queste merci fanno per arrivare sulle nostre tavole. Il danno è doppio. Da un lato le imprese agricole, che hanno fatto investimenti notevoli per ammodernare le proprie aziende esponendole sul piano finanziario alle banche che oggi presentano il conto e attivano i procedimenti esecutivi di sequestro (vedi lo sciopero della fame che vede impegnati alcuni produttori agricoli, vedi gli scioperi e la disperazione dei tanti allevatori bufalini), devono svendere i loro prodotti frutto del loro sudore e di un’antica sapienza; dall’altro i consumatori vengono depauperati del loro potere d’acquisto attraverso l’abonorme aumento del costo che queste merci hanno sui banconi.
Siamo, come sempre, al paradosso che i meccanismi distorti di un mercato apparentemente libero che qualcuno vorrebbe ancora più libero, ma che libero non è, rende più poveri gli agricoltori e i consumatori (quelli a stipendio fisso che pagano le tasse e non riescono ad arrivare alla fine del mese) e arricchisce speculatori, commercianti disonesti, trasportatori (che inquinano), banche che sono agevolati direttamente o indirettamente dal fisco. Siamo alla metafora del Robin Wood all’incontrario, si toglie ai più poveri e si da ai più ricchi (che pagano poco e non pagono affatto le tasse).
Naturalmente le imprese agricole campane (in particolare la fascia dei Comuni a nord di Napoli e a sud di Caserta, dal Nolano al Litorale Domitio passando per Caivano) pagano anche il conto della grave crisi ambientale e dei rifiuti della nostra provincia che stenta ancora ad essere risolta. Questa grave crisi che riguarda quasi il 16% della ricchezza prodotta dovrebbe essere affrontata con una determinazione pari a quella del dopoguerra mentre assistiamo a politiche da pannicelli caldi assolutamente inadeguati. Anche da parte di Sindaci, pronti a riempirsi la bocca del valore dei prodotti tipici e non fanno mai niente per l'agricoltura e per gli agricoltori. E invece potrebbero individuare, all'interno dei mercati, uno spazio - "il mercatino della freschezza - prodotti agricoli locali" da destinare a titolo gratuito ai condatini del luogo, oltre a sviluppare politiche si sostegno alle coltivazioni tipiche quali la "vite maritata ai pioppi".
Ma si può fare anche altro....
Al di là delle discussioni sui massimi sistemi che presupporrebbero una politica “forte” e fortemente impegnata, una piccola concreta idea può venire dai GAS (Gruppi di acquisto solidali). Ci sono gruppi di cittadini/consumatori che acquistano direttamente presso le aziende agricole, avendole visitate e quindi conoscendo in loco i prodotti, generalmente autoctoni e tipici, ottimizzando la domanda e l’offerta e calmierando i prezzi. Ce ne sono diversi che funzionano davvero bene, in provincia di Caserta, ma anche di Napoli. In questo modo abbiamo la quadratura del cerchio ed si attiva un processo virtuoso.
Gli agricoltori vendono ad un prezzo equo ma remunerativo; i consumatori acquistano a costi equi e hanno prodotti freschi che si sa da dove vengono e non hanno fatto il giro del mondo per arrivare sulle proprie tavole; non si da spazio agli speculatori; non si inquina l’aria con gli scarichi dei camion che vanno su e giù per l’Italia a portare i peperoni prodotti a Francolise in Piemonte per riportarli come peperoni tipici di Carmagnola sui banchi del Centro commerciale di turno. In questo modo non aumenta il PIL (prodotto interno lordo), ma siamo tutti più felici.
Questo, ancora una volta, fa riferimento ad un diverso modello di sviluppo e ad una diversa costruzione della società.
Chi ha visto la trasmissione televisiva “Report” qualche domenica fa ha capito che è il momento di scegliere tra chi persegue un modello che arrichisce i pochi a danno dei molti e, pur di aumentare il PIL è disposto a passare sulla testa degli esseri umani, rovinando in modo irreversibile l’ambiente, e chi vuole difendere gli interessi dei tanti e della terra che ci è stata lasciata in prestito dai nostri padri e che abbiamo il dovere di lasciare ai nostri figli.
Enzo falco
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Posta un commento